I rifiuti urbani e i pericoli per la salute
Questa mia riflessione si basa sul lavoro effettuato dall’Associazione Italiana di Epidemiologia (AIE) sulla nocività igienico-sanitaria legata alle modalità di trattamento dei rifiuti e sull’esigenza di proteggere la popolazione (anche attraverso indagini o piani di sorveglianza specifici)[1].
È indubbio quanto sia importante la riduzione della produzione di rifiuti attraverso sistemi diversi come: la razionalizzazione degli imballaggi, l’implementazione di un sistema di raccolta differenziata, il riciclo e il recupero dei materiali. Inoltre, è essenziale eliminare le discariche illegali, ammodernare gli impianti di incenerimento obsoleti e bandire ogni forma incontrollata di combustione.
Scientificamente, è necessario riconoscere che la concentrazione di sostanze tossiche nelle emissioni degli impianti di ultima generazione rende assai bassi i rischi per la salute pubblica. Tuttavia, personalmente sono convinto che la strada maestra da seguire per la protezione della salute e dell’ambiente sia quella della raccolta differenziata, seguita dal riutilizzo dei materiali (carta, plastica, vetro, ecc.) e dalla produzione di gas attraverso i processi di bio-digestione dei rifiuti organici[2].
È ovviamente dalle situazioni illegali che proviene il maggior rischio: gli studi condotti in Italia certificano come, a partire dal 2000, si riscontrano effettivi danni alla salute della popolazione che risiede nei pressi di aree di smaltimento illegali e non controllate. Gli studi epidemiologici sugli impianti non a norma ci spiegano come l’inquinamento provenga dalla diffusione di sostanze nocive non solo nell’aria, ma anche nelle acque, nei terreni e, in ultimo, nella catena alimentare. Tanto che, “per le discariche di rifiuti pericolosi, ci sono indizi di un piccolo aumento del rischio di malformazioni congenite, e di un aumento più consistente del rischio di basso peso alla nascita”, con l’incremento anche della prevalenza di tumori[3].
Con queste premesse risulta evidente come la situazione di Roma, spesso vittima di montagne di rifiuti “abbandonati in modo incontrollato” fuori dai cassonetti o addirittura stipati in luoghi improvvisati utilizzati come discariche, possa portare decisamente ad un "rischio per la salute legato alla proliferazione di parassiti e alla possibilità della diffusione di malattie infettive se c'è il contatto con le persone", come ha affermato il componente del Comitato scientifico Ambiente e salute dell’Unione Europea, nonché ex direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a Roma, Roberto Bertollini, che ha poi aggiunto come “in queste condizioni di degrado prolifera la popolazione di roditori e di insetti che possono essere vettori di altre patologie”.
A voler fare chiarezza, comunque, quella che si trovano ad affrontare i cittadini della Capitale non è un’emergenza sanitaria bensì igienica, come specifica il direttore del Servizio igiene e sanità pubblica del dipartimento Prevenzione della Asl Roma 2 Fabrizio Magrelli, che aggiunge come “cassonetti stracolmi, spazzatura sparsa, vermi, topi, gabbiani, persino cinghiali [...] possono portare alla successiva insorgenza di alcune patologie, che però non abbiamo fortunatamente riscontrato: non c'è colera, o tifo, né altri disturbi a trasmissione oro-fecale”. È, infatti, necessario specificare come, nonostante i termini di emergenza sanitaria ed emergenza igienica spesso si sovrappongano, rappresentano due temi distinti: il primo riporta ad una certificata diffusione di malattie, l’altro alle condizioni che potrebbero determinare le patologie umane.
Un’altra situazione di grave rischio è rappresentata dagli incendi degli stessi rifiuti, a causa della dispersione di sostanze molto tossiche dovute alla combustione. Come conferma Alessandra Brandimarte del Servizio igiene e sanità pubblica della Asl Roma 1, infatti, c’è sia il rischio di autocombustione, data la natura indefinita dei materiali di scarto, sia quello di incendi dolosi dei cassonetti[4].
Di recente è intervenuto anche Antonio Magi, Presidente dell’Ordine dei medici di Roma che, dopo aver scritto una lettera alla sindaca Raggi, al Presidente della Regione Lazio Zingaretti e ai Ministri di riferimento, ha affermato come “l’Ordine, nel rispetto delle reciproche competenze, si mette a disposizione per qualunque necessità volta a salvaguardare la tutela della salute pubblica della cittadinanza romana e dell’immagine della Capitale di uno dei Paesi fondatori dell’Ue e membro del G20”. Tutto questo, è bene ricordarlo, non è allarme isolato o stagionale ma, anzi, un indizio chiaro che “se non si trovano soluzioni vere l’emergenza tornerà, [...] è un cane che si morde la coda”, come conclude lo stesso Presidente Magi[5].
Assieme a Pier Luigi Bartoletti, vicepresidente dell’Ordine, il Presidente Magi ha poi spiegato come il sistema di raccolta e di gestione dei rifiuti a Roma sia basato, in maniera estremamente precaria, su “un fragilissimo equilibrio” dovuto alla buona volontà delle Regioni più o meno limitrofe di accogliere, a carissimo prezzo, i rifiuti di Roma. Qualsiasi incrinatura di tale equilibrio, genera un pesantissimo “blackout nel ciclo di raccolta e smaltimento” [6]. È quindi evidente come tale sistema non sia affatto strategico né funzionale, ma debba essere ridisegnato secondo un’attenta strategia di lunga durata. Una strategia che, come avevo programmato nei progetti successivamente cancellati dal Commissario e dalla Sindaca, dovrà necessariamente passare dall’ammodernamento di quegli inceneritori che sono già proprietà di Acea nonché dall’investimento in nuovi impianti, definiti bio-digestori, così come votato ai tempi della mia Giunta (nel biennio 2014-2015)[7].
[1] Una precisazione obbligatoria: la distinzione tra rifiuti solidi urbani e rifiuti nocivi è presente in Italia a livello normativo ma non contemplata in questo report dell’AIE
[4] https://www.adnkronos.com/salute/sanita/2019/06/27/roma-capitale-dei-rifiuti-tutti-rischi_LBdy98mYjlwAGnlb2GrTcJ.html