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Il costo delle cure e la crisi economica rendono la sanità sempre meno pubblica

Come già riportato dal Prof. Giuseppe Remuzzi nel suo La salute (non) è in vendita, l’epidemiologo dell’Università di Torino Giuseppe Costa ha trasmesso i dati della sua analisi che evidenziavano “come in Italia chi è più povero di capacità e risorse è più esposto ai fattori di rischio per la salute, si ammala più spesso e muore prima”. Lo stesso Costa, infatti, ha spiegato come nel capoluogo piemontese ci sia una differenza di ben quattro anni di aspettativa di vita a seconda se si vive in un quartiere benestante oppure in uno più povero e periferico[1].

A metà giugno è infatti arrivato il rapporto dell’Istat riferito allo scorso anno in cui si evidenzia un dato estremamente preoccupante: l’8,4% degli italiani, pari a 1,8 milioni di famiglie per un totale di circa 5 milioni di individui, vive oggi in condizioni di povertà assoluta, confermando un trend che non sembra volersi abbassare dal 2005.

Anzi, rispetto al rapporto precedente (che evidenziava già un record in negativo) si registra addirittura un incremento del 2,47%, tanto che l’Unione Nazionale dei Consumatori ha riportato come “mai dall’inizio delle serie storiche si era arrivati ad un valore così negativo. Anche in termini percentuali si arriva al record del 7%, l’1,44% in più rispetto al 6,9% del 2017, che era già il peggior risultato di sempre”. Il segmento più allarmante è rappresentato dal quadro relativo al Mezzogiorno, che riporta una percentuale di povertà addirittura del 10% (contro il 5,8% del Nord e il 5,3% del Centro Italia), un dato che contribuisce come causa principale agli squilibri socioculturali del nostro Paese solcando in maniera sempre più netta le differenze tra Nord e Sud.

Le misure palliative adottate finora dal Governo non sono affatto sufficienti, c’è bisogno di investimenti per la crescita e lo sviluppo, di misure improntate al rilancio, per aprire un nuovo spiraglio di ripresa e risollevare, così, le condizioni delle famiglie”, è stato il commento della Federconsumatori.

Analizzando poi il tema della salute, allarmano i dati sull’alimentazione: come riporta il sopracitato Istat un italiano su dieci non si può permettere cibi sani e spesso neanche non sani. L’11% della popolazione, infatti, “non può permettersi un pasto adeguato almeno ogni due giorni”, manifestando uno dei quadri peggiori a livello continentale dove abbiamo alle nostre spalle soltanto la Grecia, la Lettonia, l’Ungheria, la Romania e la Bulgaria.

Stringendo poi sul dato riguardante i costi dell’accessibilità alle cure mediche, è altrettanto preoccupante leggere da un’analisi di Uecoop (Unione delle cooperative) su dati Eurispes come sia addirittura una famiglia su cinque in Italia a non potersi permettere una sufficiente assistenza sanitaria.

Tornando alle spese mediche, è la stessa Uecoop a denunciare quello che definiscono un atteggiamento duplice: “da una parte si cerca di ritardare quelle meno urgenti a discapito della prevenzione e dei controlli, dall’altro si comprimono altre voci del bilancio famigliare per quelle che non è possibile rinviare, dagli esami urgenti alle terapie farmacologie. Con l’assistenza a disabili e anziani che diventa una delle voci più pesanti del bilancio domestico soprattutto in caso di persone non autosufficienti che hanno necessità di essere seguite per la maggior parte del giorno e della notte a casa oppure in strutture protette”. Non solo, ma continuando la stessa nota si evince che “il bisogno di assistenza è in aumento costante, con la popolazione over 65 che entro il 2050 sarà di 20 milioni contro i 13,5 attuali mentre i non autosufficienti diventeranno 5 milioni nei prossimi 10 anni, mentre a oggi i posti letto disponibili a livello nazionale sono poco più di 328mila.

In una condizione come quella italiana, quindi, dovremmo riflettere sui dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità per cui “fatte 100 tutte le ragioni per cui si muore, le condizioni economiche pesano per 60, il fumo per 10, l’obesità per 1”. per prevenire il replicarsi di una situazione sociale come quella verificatasi in Grecia in cui, secondo uno studio dell’Imperial College di Londra del 2017, al verificarsi della crisi economica c’è stato un conseguente collasso del Servizio Sanitario e una netta diminuzione dell’aspettativa di vita.

Ignazio Marino


[1] G. Remuzzi, La salute (non) è in vendita, 2018, Gius. Laterza & Figli