Il primo anno della legge sul Testamento biologico: cosa è stato fatto e cosa si sta facendo?
L’inizio di un nuovo anno porta a fare bilanci sull’anno passato, su ciò che è stato realizzato e cosa si può ancora fare per migliorare. Nel 2018 in Italia abbiamo raggiunto un grande traguardo in materia di diritti civili: l’approvazione di una legge sul testamento biologico. Iniziai ad occuparmene con grande impegno nel 2006 quando scrissi e presentai al Senato della Repubblica una legge che studiai sulla base delle esperienze di tutti i Paesi del mondo Occidentale e Orientale.
Entrata in vigore il 31 gennaio 2018, approvata dal parlamento il 14 dicembre 2017, la legge 219 del 22 dicembre 2017 prevede la possibilità – in previsione di un'eventuale futura incapacità di autodeterminarsi e dopo avere acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle proprie scelte – di esprimere le proprie volontà in materia di trattamenti sanitari: il proprio assenso o dissenso su accertamenti diagnostici, scelte terapeutiche e singoli trattamenti sanitari.
Siamo da poco entrati nel 2019 e, nonostante la legge sia in vigore a pieno titolo, diversi ostacoli e gravi carenze strutturali impediscono l’effettiva applicazione della legge: ancora in pochi oggi sanno cos’è il testamento biologico, le procedure per le dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat) non sono chiare e manca una Banca dati nazionale.
Se si ripercorrono i fatti del 2018 relativi all’emanazione dei decreti applicativi della legge 219/2017, possiamo constatare che molte delle scadenze previste non sono state rispettate e c’è molta confusione e perplessità tra i cittadini e tra chi nella pubblica amministrazione è responsabile dei servizi per la raccolta delle dichiarazioni anticipate di trattamento (Dat).
Cosa è stato fatto?
Secondo l’articolo 4 comma 8 della legge 219/2017, la prima scadenza prevista dalla legge era quella dell’1° aprile dello scorso anno, data entro la quale “il Ministero della Salute, le Regioni e le Aziende sanitarie provvedono a informare della possibilità di redigere le DAT” anche attraverso i rispettivi siti internet. La data è stata sì rispettata dal Ministro Giulia Grillo, ma l’azione dell’ “informare” indicata dal legislatore si è limitata alla sola pubblicazione della notizia sul sito internet del Ministero, mentre un tema così cruciale e complesso necessitava, a mio avviso, di una vera e propria campagna di comunicazione.
Ancora più grave è lo stato dell’istituzione della Banca dati delle Dat, che oggi non ha ancora visto luce.
La Legge di Bilancio pluriennale 2018-2020 ha finanziato con 2 milioni di euro l’istituzione di un registro nazionale dei testamenti biologici e all’articolo 1 comma 419 ha previsto che “entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge” il Ministero della Salute doveva emanare un decreto per stabilire “le modalità di registrazione delle DAT presso la banca dati”. Tutto questo non è ancora stato fatto.
Con il Decreto direttoriale del 22 marzo 2018, il Ministro della Salute, che era all’inizio del suo mandato, ha istituito un Gruppo di lavoro comprendente rappresentanti del Ministero, delle Regioni e dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali, per realizzare la Banca dati delle Dat, entro il 30 giugno 2018, data di scadenza per l’emanazione del Decreto istitutivo da parte del Ministero.
Il parere del Consiglio di Stato
Il 31 luglio 2018 il Consiglio di Stato, sollecitato dal Ministero della Salute il 22 giugno su alcuni quesiti posti dal Gruppo di lavoro, si è espresso in modo chiaro nel documento Numero 01991/2018, Oggetto: Richiesta parere in materia di consenso informato e di disposizioni anticipate di trattamento. (Fonte: Ministero della Salute)
In risposta al primo quesito sull'inclusione delle Dat nel database nazionale, il Consiglio di Stato, ha ritenuto che la banca dati nazionale – proprio perché le relative informazioni possano essere conosciute sull’intero territorio del Paese – su richiesta dell’interessato deve contenere copia delle Dat, compresa l’indicazione del fiduciario, salvo che il dichiarante non intenda indicare soltanto dove esse sono reperibili.
Tale registro, osserva il Consiglio di Stato, “non può limitarsi a contenere la semplice annotazione o registrazione delle Dat comunque esistenti; al contrario, tale registro nazionale deve svolgere l’importante compito di dare attuazione ai principi costituzionali prima ricordati – in un quadro di competenze legislative statali che per questo aspetto sono di tipo esclusivo – anche raccogliendo le Dat, consentendo, in tal modo, che le stesse siano conoscibili a livello nazionale ed evitando che abbiano una conoscibilità circoscritta al luogo in cui sono state rese. Il che vanificherebbe, con tutta evidenza, l’applicazione concreta della normativa”. (Fonte: Il sole 24 ore)
Sulla questione se il registro nazionale debba essere aperto anche a tutti coloro che non sono iscritti al Servizio Sanitario Nazionale, il Consiglio di Stato “è dell’opinione che i principi costituzionali vadano nella direzione di imporre una lettura estensiva, aprendo il registro nazionale anche a tutti coloro che non sono iscritti al Ssn. La tutela costituzionale garantita a questo diritto, infatti, non permette di subordinare il riconoscimento alla suddetta iscrizione”.
Il terzo quesito riguarda la possibile standardizzazione delle Dat. A questo proposito i giudici amministrativi ribadiscono che le Dat non hanno alcun vincolo di contenuto: “l’interessato deve poter scegliere di limitarle solo ad una particolare malattia, di estenderle a tutte le future malattie, di nominare il fiduciario o di non nominarlo, ecc. Spetterà al Ministero della Salute mettere a disposizione un modulo-tipo per facilitare il cittadino a rendere le Dat”. Per il Consiglio di Stato può essere utile un atto di indirizzo eventualmente adottato all'esito di un tavolo tecnico con il Ministero della Giustizia, il Consiglio nazionale del notariato e il Ministero dell’Interno “che indichi alcuni contenuti che possono essere presenti nelle Dat, allo scopo di guidare gli interessati sulle scelte da effettuare. Spetterà poi al Ministero di mettere a disposizione un modulo tipo, il cui utilizzo è naturalmente facoltativo, per facilitare il cittadino, non necessariamente esperto, a scrivere le proprie Dat”. (Fonte: Il sole 24 ore)
La quarta domanda del ministero della Salute riguarda la possibilità di chi dispone le proprie Dat di dichiarare di aver acquisito adeguate informazioni mediche sulle conseguenze delle sue scelte. A tale quesito il Consiglio di Stato risponde che “poiché le Dat servono ad orientare l’attività del medico, è necessario che ci sia certezza sulla corretta formazione della volontà del dichiarante. Conseguentemente occorre che tale circostanza venga attestata, magari suggerendola nel modulo-tipo facoltativo che verrà predisposto dal Ministero della salute”. (Fonte: Il sole 24 ore)
L'ultimo quesito chiede chi possa accedere alla banca dati. La risposta è che alle Dat può accedere il medico e il fiduciario sino a quando è in carica.
Cosa si sta facendo?
Il 14 settembre 2018 è stato approvato dalla Camera dei Deputati un Ordine del Giorno che impegna il Governo “ad attivarsi per provvedere, nel più breve tempo possibile alla realizzazione della Banca dati Nazionale così come previsto dai commi 418-419 della legge n. 205 del 2017” e “a promuovere campagne di informazione e di sensibilizzazione a carattere nazionale e regionale dirette a diffondere una maggiore conoscenza dei contenuti previsti dalla normativa in vigore ed in particolare dalla possibilità di redigere le Dat”. (Fonte: Associazione Luca Coscioni)
Il 18 ottobre 2018, sollecitato da un’interrogazione, il sottosegretario di Stato per la salute Armando Bartolazzi ha informato “che la bozza di decreto elaborata dal Ministero della Salute, nell’ottica di una più ampia condivisione di nuovi adempimenti previsti che graveranno anche su soggetti esterni, è stata condivisa proprio negli scorsi giorni con i principali stakeholder istituzionali, ai quali è stato richiesto di fornire in tempi brevi le loro eventuali osservazioni”. Ciò è stato ritenuto necessario dal Ministero “per coinvolgere i principali destinatari delle indicazioni operative contenute nel decreto ministeriale in modo da assicurarne una volta approvato la piena operatività”. Successivamente lo schema di decreto, secondo quanto previsto nella scorsa legge di bilancio, “dovrà essere sottoposto all’intesa presso la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano, previa acquisizione del parere favorevole dell’Autorità garante per la protezione dei dati personali”. (Fonte: Associazione Luca Coscioni).
Insomma, come si può facilmente comprendere, il ritardo nel rispettare un diritto civile così importante, il diritto di poter scegliere le proprie cure, è ancora grande, soprattutto se ricordiamo che in molti altri Paesi tale diritto è garantito da alcune decine di anni.