Legge di bilancio 2019: le misure per università, ricerca e sanità
Domenica 30 dicembre con 313 voti favorevoli e 70 contrari, la Camera ha approvato in via definitiva il disegno di legge sul Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2019 e bilancio pluriennale per il triennio 2019-2021.
Quest’anno la finanziaria arriva in un clima particolarmente teso e su uno sfondo di scontri in Aula e polemiche. Le opposizioni hanno contestato un fatto molto grave, che la versione finale della legge di bilancio, presentata a ridosso del voto di fiducia, non sia stata esaminata né votata in Parlamento. In altre parole il testo non è un prodotto del dibattito e del confronto parlamentare come prevede la nostra Costituzione, ma è stato scritto dal Governo evitando qualunque modifica dal Parlamento, che nel nostro sistema istituzionale rappresenta la sovranità popolare.
Premesso che mi trovo d’accordo con chi denuncia le modalità assolutamente poco conformi a un Paese democratico con cui si è presentata la Legge di Bilancio in Senato e alla Camera dei Deputati, vorrei qui passare in rassegna i capitoli del testo su università, ricerca e sanità, settori di cui mi occupo nel mio lavoro.
Università e ricerca
Per i prossimi tre anni, il Governo ha previsto 40 milioni per il Fondo di Finanziamento Ordinario (FFO) nel 2019, 7,450 milioni di euro nel 2019, 7,617 milioni nel 2020 e 7,678 milioni nel 2021. Altri 10 milioni andranno invece al Fondo per gli Enti di ricerca (FOE), 1,803 milioni nel 2019, e altrettanti per finanziare il diritto allo studio, 246 milioni a fronte dei 236 del 2018. Il Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) avrà un contributo straordinario di 30 mln annui per 10 anni, dal 2019 al 2028.
Rimaniamo molto lontani dai livelli di finanziamento necessari per raggiungere lo standard di altri Paesi eurpoei, come Francia, Germania e Regno Unito. La ricerca dovrebbe costituire uno dei principali obiettivi di sviluppo in un Paese del G7 come l’Italia.
Per quanto riguarda le nuove assunzioni in Università, gli Atenei virtuosi (quelli con una spesa di personale inferiore all’80% e un indicatore di sostenibilità economico-finanziaria superiore a 1) potranno superare il tetto massimo del 110% e andare così oltre il normale turn over.
(Fonte: MIUR)
Sempre in tema di assunzioni, particolarmente controverso è stato il provvedimento che pospone al 1 dicembre 2019 l’assunzione a tempo indeterminato nelle Università. Il comma 208 bis della manovra specifica che “per l’anno 2019, la Presidenza del Consiglio dei Ministri, i Ministeri, gli Enti pubblici non economici, le Agenzie fiscali e le Università, in relazione alle ordinarie facoltà assunzionali riferite al predetto anno, non possono effettuare assunzioni di personale a tempo indeterminato con decorrenza giuridica ed economica anteriore al 15 novembre 2019”.
Il testo ha inizialmente preoccupato gli atenei e in particolare gli oltre 1200 ricercatori di Tipo B (RTDb) assunti con la legge Gelmini (n. 240/10 del 30 dicembre 2010 all’articolo 24) nel 2016. Contratti triennali non rinnovabili e che, quindi, scadono proprio nel 2019.
“Come hanno fatto a risparmiare in questi anni le Università? Hanno assunto i propri ricercatori”, è intervenuto Giandomenico Dodaro, rappresentante dei ricercatori della Bicocca di Milano. “Se fino al 16 novembre 2019 viene tutto congelato, gli atenei dovranno pagare gli esterni per le docenze”.
Successivamente il Ministro Lorenzo Fioramonti in un post su Facebook ha precisato che saranno bloccate per 11 mesi le prese di servizio a tempo indeterminato su punti organico del contingente 2019, non di quelli precedenti. Di conseguenza, sono esclusi dal blocco i ricercatori a tempo determinato di tipo B e coloro che da ricercatore di tipo B avendo conseguito l’abilitazione passano a professore associato. Sono esclusi inoltre tutti i contratti a tempo determinato (ricercatori di tipo A) e tutti i vincitori di concorsi in atto che utilizzano punti organico assegnati precedentemente.
Il blocco però ha conseguenze anche sui docenti: se l’abilitazione scade dopo il 16 novembre, cioè al termine del periodo fissato dal comma, possono partecipare ai concorsi. Ma se l’abilitazione scade durante il blocco, dovranno aspettare i tempi della burocrazia per richiederla.
Sanità
Per il Servizio Sanitario Nazionale (Ssn) verranno stanziati 114,439 miliardi per il 2019.
Verranno incrementate sia le borse di studio in medicina generale che i contratti di specializzazione, e vi sarà la possibilità di assumere nel Ssn i medici specializzandi giunti all'ultimo anno di specializzazione.
Tra le misure da segnalare vi è un programma di interventi per la ristrutturazione dell’edilizia sanitaria e l’ammodernamento tecnologico, che passa da 26 a 28 miliardi di euro, e 150 milioni nel 2019 e 100 l'anno nel 2020-21 per implementare il sistema di prenotazione elettronica e ridurre i tempi di attesa.
Nel 2019 verranno stanziati 5 milioni di euro per gli Istituti di ricovero e cura di carattere scientifico delle rete oncologica del ministero della Salute e altri 5 milioni per gli Irccs della Rete cardiovascolare, e un contributo di 5 milioni di euro per il 2019 e 10 mln di euro per ciascuno degli anni 2020 e 2021 a favore del Centro nazionale di adroterapia oncologica (Cnao).
Si autorizza la spesa di 400 mila euro annui dal 2019 per l'istituzione presso il Ministero della salute di una banca dati destinata alla registrazione delle disposizioni anticipate di trattamento sanitario (Dat). (Fonte: Quotidiano Sanità).
Rimane aperto il gravissimo problema della continua riduzione del personale sanitario in tutto il nostro Paese. Il Servizio Sanitario Nazionale è un bene prezioso che spesso diamo per scontato quando ne usufruiamo. Invece non è così. Come ben sappiamo in Paesi molto ricchi come gli USA milioni di persone non hanno ancora diritto all’accesso a tutte le cure. In Italia abbiamo celebrato nel 2018 i 40 anni dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale ad accesso universale, ma la situazione attuale è grave: il personale responsabile della somministrazione delle cure sta diminuendo a causa dei pensionamenti e delle mancate assunzioni, al punto che avremo nei prossimi anni una carenza di decine di migliaia di medici e infermieri nei servizi pubblici. Se non si porrà rimedio a questo processo le differenze nell’accesso alle cure diverranno drammatiche anche in Italia.
Riguardo alle assunzioni in Sanità, il comma 687 della manovra prevede che “La dirigenza amministrativa, professionale e tecnica del Servizio Sanitario Nazionale, in considerazione della mancata attuazione nei termini previsti della delega di cui all'articolo 11 comma 1, lettera b), della legge 124 del 7 agosto 2015, rimane nei ruoli del personale del Servizio Sanitario Nazionale. Con apposito Accordo, ai sensi dell'articolo 40, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001, tra Aran e Confederazioni sindacali si provvede alla modifica del Contratto collettivo quadro per la definizione delle aree e dei comparti di contrattazione per il triennio 2016-2018 del 13 luglio 2016.”
Per la Confederazione sindacale dei medici e dirigenti e per la Federazione dei Dirigenti e Direttivi degli Enti territoriali e della Sanità, il comma 687, lungi dall’avere carattere finanziario, pretende di mettere indebitamente in discussione l'attuale assetto dei contratti nazionali di lavoro. Una norma, insomma, che rischia anche di far saltare il rinnovo dei contratti di lavoro.