Il medico di base e la donazione degli organi per trapianto
Il 2017 è stato un anno estremamente positivo per il settore dei trapianti in Italia. Un aumento così netto della donazione di organi e tessuti non si era mai registrato negli ultimi dieci anni. A beneficiare di questo trend positivo sono i pazienti in lista di attesa che possono ricevere un trapianto e tornare a una vita piena. (Fonte: Ministero della Salute)
Tuttavia, la scarsità di organi è ancora il problema principale per il pieno successo dei trapianti.
In molti pensiamo che sia possibile aumentare ulteriormente il numero di potenziali donatori e donatori effettivi promuovendo tra i medici di base l’importanza del dialogo con i pazienti sulla donazione di organi e tessuti e attraverso programmi specifici di divulgazione nelle Asl e nelle strutture di assistenza primaria.
Nel nostro Paese, per la manifestazione della volontà di donare, vige il principio del consenso o del dissenso esplicito (art. 23 della Legge n. 91 del 1 aprile 1999; Decreto del Ministero della Salute 8 aprile 2000). Il “silenzio-assenso” introdotto dagli artt. 4 e 5 della Legge 91/99 non ha mai trovato attuazione.
A tutti i cittadini maggiorenni è dunque offerta la possibilità (non l'obbligo) di dichiarare la propria volontà (consenso o diniego) in materia di donazione di organi e tessuti dopo la morte, attraverso le seguenti modalità: la dichiarazione di volontà espressa presso gli Uffici Anagrafe di quei Comuni che hanno attivato il servizio di raccolta e registrazione della dichiarazione di volontà, in fase di richiesta o rinnovo della carta d’identità; la registrazione della propria volontà presso la propria Asl di riferimento o il medico di famiglia, attraverso un apposito modulo; la compilazione del “tesserino blu” del Ministero della Salute; qualunque dichiarazione scritta che contenga nome, cognome, data di nascita, dichiarazione di volontà (positiva o negativa), data e firma; l’atto olografo dell’Associazione Italiana Donatori di Organi (AIDO). (Fonte: Ministero della Salute)
Negli Stati Uniti, la dichiarazione di consenso alla donazione di organi e tessuti può avvenire, a seconda dello Stato in cui si vive, presso le unità di terapia intensiva (Intensive Care Unit ICU), negli ospedali o in setting esterni e non sanitari, come, per esempio, presso la Motorizzazione (Registry of Motor Vehicles) o in Rete. Lo strumento, tra questi, che ha indubbiamente più successo negli USA è la registrazione come potenziale donatore di organi al momento del rilascio o del rinnovo della patente. Se si dichiara di voler essere un donatore, la patente riporterà sotto la propria foto la dicitura “organ donor” e, dal momento che tale volontà è sancita da una firma di fronte a un pubblico ufficiale, il desiderio di donazione dopo la morte verrà rispettato. Considerando che la maggior parte degli americani adulti ha la patente, si comprende come questo strumento di raccolta del consenso possa essere così efficace.
Tuttavia, accade che diverse persone ritengano di non avere abbastanza tempo e sufficienti informazioni per valutare in modo completo le implicazioni della donazione d’organi e tessuti. Questo disagio è particolarmente sentito da coloro a cui viene chiesto di esprimere la propria volontà nei contesti extra sanitari: molti hanno dichiarato di essersi sentiti quasi “costretti” a prendere una decisione così importante senza aver avuto prima la possibilità di discuterne con una persona competente e di fiducia. (Fonte: AMA Journal of Ethics)
Quale sia il ruolo del medico di base nell’informazione sulla donazione degli organi è una tema etico che richiama quelle che sono le responsabilità che egli ha nei confronti dei suoi pazienti e la sua missione sociale di promotore della salute.
Esiste infatti una connessione tra la salute della collettività e quella dell’individuo: i medici sono tenuti ad agire nell’interesse dei pazienti per ciò che concerne, nell’immediato, la cura, e allo stesso modo a promuovere la salute e il benessere collettivo. Siamo tutti potenziali pazienti e, parlando di trapianto e donazione, tutti potremmo aver bisogno di un organo per vivere o mantenere lo stato di salute.
Dunque, nell’interesse collettivo, i medici dovrebbero essere inclini a parlare di donazione per mitigare la carenza di organi e per questioni legate al contenimento della spesa, dal momento che le terapie per tenere in vita i pazienti in attesa di trapianto (per esempio, la dialisi) sono più costose del trapianto e costringono il paziente ad una pessima qualità di vita, che invece migliora drasticamente dopo un trapianto.
Dichiarare la propria volontà riguardo alla donazione di organi e tessuti fa sì che un individuo possa essere sicuro che la propria autonomia decisionale sarà preservata e le sue volontà rispettate in momenti in cui potrebbe non essere in grado di prendere una decisione.
I medici, in particolare quelli di famiglia, hanno la responsabilità di parlare con i loro pazienti, dando loro anche tutte le informazioni necessarie sulla donazione d’organi per poter prendere una decisione in merito.
Per un paziente, parlare di donazione di organi con il proprio medico di famiglia può essere di aiuto per diversi motivi. Per prima cosa perché, negli anni, egli stringe con il medico di famiglia un vero e proprio legame di fiducia, per cui sa che può contare su di lui non solo per essere curato, ma anche per chiedere consiglio su questioni mediche a volte anche molto serie. Un medico di base conosce bene il suo paziente e le sue inclinazioni culturali ed etiche, e per questo potrebbe essere la persona giusta per fornire le informazioni necessarie per prendere una decisione così complessa come il consenso alla donazione.
La famiglia continua ad avere un ruolo determinante nelle decisioni sulla donazione al momento della morte. Il dialogo con i medici di base e la decisione di dare disposizioni anticipate può aiutare molto anche le famiglie, perché le solleva da una responsabilità così delicata come quella di dover decidere sulla donazione degli organi dei propri cari in momenti di forte stress emotivo.
Purtroppo esistono molte barriere che limitano questo tipo di confronto nel contesto dell’assistenza primaria: poco tempo, difficoltà di comunicazione e forse una certa preoccupazione da parte dei medici per una eventuale reazione negativa del paziente. (Fonte: Journal of General Internal Medicine)
Per concludere, parlare di donazione e trapianto di organi in modo adeguato nel contesto dell’assistenza primaria rappresenta una grande opportunità per informare i pazienti e combattere i pregiudizi che ancora esistono sulla donazione di organi.
Poiché il fondamento della relazione tra la professione medica e la società implica che i medici agiscano nell’interesse del singolo e della collettività per preservare la salute e il benessere, i professionisti hanno il dovere etico e la responsabilità sociale di trattare l’argomento della donazione di organi in contesti di dibattito pubblico e nella dialettica tra medico e paziente. (Fonte: AMA Journal of Ethics)