Intervista a Valentina Minieri e Michele Raggio di SeedScience
In un recente articolo sull’importanza dell’insegnamento della scienza e della divulgazione scientifica ho parlato del progetto SeedScience, del quale sono venuto a conoscenza grazie a un aspetto delle mie responsabilità universitarie che mi porta a curare gli scambi internazionali tra atenei di diversi Paesi del mondo e la Thomas Jefferson University di Philadelphia.
Ho conosciuto la dottoressa Valentina Minieri, biotecnologa, PhD in Genetica umana, che si occupa della promozione del progetto SeedScience, all’interno di un programma di scambio internazionale. Michele Raggio, chimico, PhD in Scienze dei materiali, è l’ideatore e fondatore del progetto. Sono rimasto così affascinato dal lavoro di questi giovani e intraprendenti scienziati che ho deciso di intervistarli per raccontare la loro nobile missione.
SeedScience è un progetto che mira a formare insegnanti di scienze in Paesi a basso indice di sviluppo (Ghana, Kenya, Tanzania e Uganda) con l’obiettivo di fornire loro metodo e materiali per trasmettere ai propri studenti logica e pensiero scientifico, attraverso esperimenti semplici ma efficaci dal punto di vista didattico.
IM: Raccontatemi del vostro progetto SeedScience. Qual è stata la molla che ha fatto nascere l’idea e l’energia per realizzarlo?
Valentina Minieri: L’idea è nata da Michele, che ha alle spalle una grossa esperienza di divulgazione scientifica nelle scuole e di insegnamento ai bambini. Durante il suo PhD si è dedicato al volontariato internazionale. La sua ultima esperienza è stata in Ghana, dove è entrato in contatto con l’associazione Patriots Ghana ed è andato a insegnare la scienza nelle scuole dei villaggi per un mese.
All’associazione è piaciuto molto il suo lavoro e ha avuto ottimi feedback da parte delle scuole: gli insegnanti hanno infatti continuato a fare lezioni con i materiali che lui ha lasciato. Successivamente ha iniziato a pensare se fosse possibile rendere quest’esperienza un progetto più organizzato, replicabile e modulare. Con l’aiuto fondamentale di alcuni attuali collaboratori e di partner italiani e internazionali, è riuscito in alcuni mesi ad avviare SeedScience.
L’idea alla base è trasmettere i metodi di insegnamento delle materie scientifiche tramite esperienze pratiche.
Io sono entrata nel progetto dopo qualche mese e per puro caso. Mi trovavo a Philadelphia, sono entrata in contatto con il progetto, ho fatto una donazione, e in seguito ho deciso di contattarli per collaborare. Da quel momento abbiamo proseguito insieme.
Sono stati sottomessi diversi proposal per ottenere i finanziamenti necessari per avviare il progetto e infine, in collaborazione con l’Università di Tor Vergata, abbiamo avuto accesso a un fondo del Ministero degli Esteri per gli scambi giovanili. Questo fondo è stato necessario per permettere a Michele di andare in Ghana e in Kenya e per far sì che alcuni insegnanti africani coinvolti potessero recarsi a Tor Vergata per un programma specifico per l’insegnamento.
La situazione nei paesi dove adesso andremo (Ghana, Kenya, Tanzania e Uganda) è tale che la maggior parte delle scuole sono solo piccole aule di villaggi. Spesso nelle classi i ragazzi hanno diversi livelli di competenza e gli insegnanti non sono specializzati perché insegnano più materie. Inoltre non ci sono libri a sufficienza per poterli dare a tutti gli studenti.
SeedScience porterà nelle scuole un kit per esperimenti e un metodo per insegnarli. L’idea è rendere gli insegnanti autonomi nella costruzione di kit di esperimenti a basso costo e far sì che trasmettano lo stesso metodo di insegnamento ad altri insegnanti. Il progetto è partito da poco e stiamo cercando altri contatti per ampliarlo ulteriormente. Stiamo inoltre lavorando a un libro con il riassunto dei primi esperimenti fatti.
IM: Credete che ci sia un interesse da parte dei più giovani nei confronti della scienza?
Michele Raggio: Credo proprio di sì! Ma credo anche che sia fondamentale alimentare questo interesse e non lasciarlo gradualmente spegnere.
Valentina Minieri: Se si presenta nel modo giusto, c’è un grande interesse da parte dei giovani per le materie scientifiche. È però estremamente importante, quando ci si impegna nell’attività di divulgazione, concentrarsi su qual è il target e prepararsi in base a chi ascolta: bambini, giovani, adulti, o addirittura un gruppo misto. Non esistono corsi specifici di divulgazione che possiamo seguire durante la Laurea e impariamo spesso dall’esperienza sul campo, che è un po’ diversa dai congressi e dalle lezioni universitarie. Alcuni divulgatori fanno un Master in Comunicazione della Scienza, altri sono portati, altri ancora sono magari più bravi perché hanno dato molte ripetizioni a bambini di età diversa!
IM: In Italia, secondo voi, le materie scientifiche sono ancora viste come difficili e poco affascinanti tra i più giovani? Quali fattori creano questa percezione?
MR: La mia impressione è che questa percezione sia soprattutto degli adulti, che di conseguenza la trasmettono ai più giovani, spesso influenzandoli negativamente.
IM: Qual è il modo migliore per trasmettere conoscenza e stimolare curiosità verso le discipline scientifiche?
MR: Credo che passare dalla teoria alla pratica sia il primo passo necessario. Poter mostrare ai ragazzi, e in generale a un pubblico più vasto, principi, leggi e formule come applicazioni reali è fondamentale. Mettere davanti ai loro occhi la teoria attraverso esperimenti pratici e divertenti, che possibilmente riguardino e siano direttamente correlabili a situazioni quotidiane. Faccio un esempio, semplice, ma spero chiaro: in una lezione a scuola si parla di come acqua e olio interagiscono e soprattutto del perché non si mescolano tra loro; lo studente esce da scuola, magari vede una pozzanghera con una macchia di olio o benzina e la ricollega a quanto appena imparato. Credo che se si dà la possibilità di guardarsi intorno con strumenti nuovi e divertenti, allora aumenta anche la curiosità verso le scienze.
IM: Credete che gli scienziati di varie discipline siano interessati alla divulgazione scientifica, soprattutto rivolta ai più piccoli?
MR: Per fortuna abbiamo scienziati di tanti tipi. Ci sono scienziati che preferiscono fare esclusivamente ricerca, altri a cui piace insegnare e altri ancora che fanno entrambe le cose. A tanti di loro, sicuramente non a tutti, piace anche fare divulgazione ai più piccoli. Dopodiché, non è sempre facile come sembra spiegare ai più piccoli argomenti apparentemente molto complicati, ma quando ci si riesce la soddisfazione è enorme da ambo le parti.
VM: Ora che sono tornata in Italia, ho notato che molti ricercatori e scienziati fanno divulgazione scientifica. Le realtà che più amo sono quelle strutturate come la Fondazione Veronesi, L’Associazione CentroScienza ONLUS di Torino o la L.U.D.I.S di Roma. Da centri che operano da più di 20 anni si può imparare moltissimo! In modo simile, in SeedScience non siamo soli. Collaboriamo, infatti, con i nostri partner no-profit in Africa e instauriamo cooperazioni molto strette con gli insegnanti locali.
IM: Qual è la ricetta per una buona ed efficace divulgazione scientifica?
MR: Credo sia necessario esprimere i concetti in maniera semplice, sintetica, possibilmente divertente. È importante però mantenere il rigore scientifico e non modificare il significato del concetto nel tentativo di renderlo fruibile a tutti. In più, è importante sempre tenere conto del pubblico a cui ci sta rivolgendo e adattare di conseguenza il proprio modo di comunicare. Insomma, non è proprio banale.
IM: In questi ultimi anni si assiste a un calo della considerazione e della fiducia che si dà alla scienza, anche se le istituzioni ritengono che la conoscenza diffusa delle materie scientifiche sia un obiettivo chiave del futuro. Cosa ha creato questo distacco tra scienza e opinione comune? Forse è un problema comunicativo, oltre che un fenomeno sociale?
MR: Credo che il problema sia piuttosto complesso. Non sono in grado di dare una risposta completa ed esaustiva. Sicuramente la mancanza di una comunicazione scientifica adeguata spesso alimenta la mancata comprensione di certe dinamiche e argomenti. E spesso quando non capiamo qualcosa cerchiamo una spiegazione alternativa, che però non è necessariamente quella giusta, anzi.
IM: In che modo la conoscenza scientifica crea libertà?
VM: Immagina un bambino al quale viene chiesto di fare un esperimento scientifico in classe. Se sei un insegnante non solo glielo fai osservare e ripetere, ma discuti insieme a lui dei risultati e poi cerchi di stimolare la sua curiosità in modo che sia lui a porsi una nuova domanda. In questo modo imparerà a guardarsi attorno e a porsi delle domande su ciò che osserva, inizierà a vedere se qualcosa attorno a lui può essere migliorata, cercherà e sperimenterà delle soluzioni. La scienza ci insegna a guardare il mondo con occhi diversi!
Il progetto SeedScience verrà presentato il 27 ottobre al Festival della Scienza di Genova. Interverranno Valentina Minieri e Michele Raggio.