Oltre le fake news: comunicare la scienza
In questi mesi la preoccupazione per le fake news e per l'apparente declino della scienza e delle competenze nella sfera pubblica è molto forte e sentita, e non solo in Italia, tra chi come me si occupa di medicina e di ricerca.
La cosiddetta “medical mis-information” è sempre stata una minaccia di portata globale per la salute e la qualità della vita di ogni persona in tutto il mondo. Informazioni errate circa malattie e le cure mediche si diffondono molto velocemente e in maniera pervasiva attraverso tweet, post, commenti e motori di ricerca.
Secondo una ricerca del Censis realizzata nel 2017 in collaborazione con Assosalute, sono 15 milioni gli italiani che, in caso di piccoli disturbi (dal mal di testa al raffreddore), cercano informazioni sul web. Ma ben 8,8 milioni sono stati vittime di fake news nel corso dell'anno. In particolare, sono 3,5 milioni i genitori che si sono imbattuti in indicazioni mediche sbagliate e, quindi, pericolose. Mentre il medico di medicina generale (53,5%) e il farmacista (32,2%) restano le principali fonti di informazione, decolla il ricorso ai diversi canali web (28,4%). Il 17% degli italiani consulta siti web generici sulla salute, il 6% i siti istituzionali, il 2,4% i social network. (Fonte: Censis)
In molti ritengono che la responsabilità della diffusione di informazioni scientifiche errate sui social media sia dovuta al funzionamento degli algoritmi di questi potenti strumenti di comunicazione e agli attuali diktat del marketing dei contenuti digitali.
Da una parte ci sono le pubblicazioni scientifiche che impiegano diversi anni prima di poter essere pubblicate, perché devono essere sottoposte a diverse verifiche da parte di revisori accademici e scrupolosi studiosi; dall’altra ci sono le innumerevoli notizie pubblicate online da media digitali di vario genere che vengono condivise sui social media senza alcun controllo sulla solidità o fragilità scientifica che diffondono, e in pochissimo tempo raggiungono un numero elevatissimo di visualizzazioni.
Il problema di oggi non è solo il fatto che sia comune per una persona non esperta in materie scientifiche cadere nella trappola delle fake news, ma soprattutto che quest’ultime abbiano la possibilità di diffondersi più facilmente rispetto al passato e rispetto ai contenuti scientifici prodotti dai laboratori di ricerca delle migliori Università del mondo.
Il motivo di questo non va ricercato tanto nella velocità e democraticità dei media digitali, quanto all’importanza che oggi sì dà al contenuto come mezzo per raggiungere pubblico e consenso, da parte di media e politica, e come modo per affermare la propria identità, da parte del pubblico che condivide il contenuto online.
In alcuni casi, nel mondo dei media, la scelta dei contenuti da pubblicare non è dettata da un’esigenza scientifica ma dalla notiziabilità e dalla necessità di proporre al proprio pubblico contenuti freschi per tenere alta l’attenzione. Il fatto che il contenuto della notizia sia vero o falso diviene un aspetto secondario.
Secondo il 14° rapporto Censis sulla comunicazione le persone maggiormente istruite ritengono, con valori superiori alla media della popolazione, che le “fake news” sul web vengano create ad arte per inquinare il dibattito pubblico (74,1%) e che favoriscano il populismo (69,4%). Preoccupanti i dati sui giovani nella fascia d’età tra i 14 e i 29 anni: nel 44,6% dei casi ritengono che l’allarme sulle fake news sia sollevato dalle vecchie élite, come i giornalisti, che a causa del web hanno perso il loro potere. (Fonte: 14° rapporto Censis sulla comunicazione).
Quello a cui stiamo assistendo è una generale rivendicazione dell’opinione del singolo (o del popolo) e della sua autonomia da qualsiasi considerazione razionale e scientifica.
Teorie del complotto, “bufale” e “fake news” sono sempre esistite e circolate. Tuttavia la complessità della comunicazione e la portata dell'inquinamento delle informazioni nel nostro mondo iperconnesso oggi ci presentano una sfida senza precedenti.
Sui social media la sfera dell’opinione pubblica è frammentata in un arcipelago di comunità omogenee costituite dalla cerchia dei nostri contatti il cui punto di vista, in assenza un vero scambio con chi la pensa diversamente, tende a polarizzarsi. L’individuo si ritrova esposto a informazioni spesso non corrette, che magari sono conformi a un suo pregresso pensiero, senza avere possibilità di accedere a contenuti diversi che rappresenterebbero una controparte necessaria per la formazione di un pensiero critico.
Claire Wardle e Hossein Derakhshan, tra gli autori di uno studio pubblicato nel 2018 dal Consiglio d'Europa dal titolo “Information Disorder Toward an interdisciplinary framework for research and policymaking”, ritengono che il problema più grande della nostra epoca sia la mancanza di fiducia nel giornalismo e nella qualità delle fonti. (Fonte: Council of Europe)
Secondo gli autori, i lettori sono fortemente influenzati delle notizie che vengono condivise sui social media da amici e contatti stretti, che spesso hanno il nostro stesso punto di vista. Inoltre entrando in contatto con la notizia sui social, i lettori non interiorizzano solo un contenuto, ma anche l'emozione di chi lo sta proponendo tramite un post o un tweet.
Solo una consapevolezza sui meccanismi di comunicazione di Internet e una divulgazione non tanto delle nozioni quanto della cultura della scienza potrà riportare le persone, soprattutto le nuove generazioni, a documentarsi online con un pensiero critico.
A questo proposito, ritengo necessario che la comunità scientifica intensifichi il proprio lavoro per trovare metodologie di comunicazione adeguate al contenuto scientifico e compatibili con i tempi di verifica della scienza, per contrapporre a questa bulimia di contenuti pseudo scientifici e “fake news” una comunicazione più sana.
Inoltre, credo fortemente che riaffermare la fiducia verso la scienza è importante in un momento in cui sovranismi e populismi sembrano voler prendere il sopravvento. In un articolo scritto da Lucia Votano lo scorso 10 agosto, leggo parole molto belle che ho il piacere di prendere in prestito: “Quando ampie comunità lavorano insieme per un alto obiettivo, si possono realizzare con successo grandi imprese globali e l’integrazione tra i diversi popoli si realizza più facilmente. La scienza esprime nei fatti e nei comportamenti un corpus di valori cui si può fare appello per il rilancio dell’Europa: ha saputo realizzare un ambiente culturale abituato al confronto, all’uso della razionalità, alla propensione a cooperare indipendentemente da differenze di nazionalità, religione, sesso.”
Ignazio Marino