Perché è importante che la scienza comunichi con i cittadini
Recentemente ho espresso la mia opinione riguardo al grande dibattito sui vaccini in Italia. Credo però che la questione sia più complessa e che porti alla luce un problema ben più profondo: la frattura tra scienza e società civile.
In generale, è la fiducia in chi è portatore di conoscenza ad essere in crisi, a favore del sapere approssimativo di chi facilmente si lascia influenzare da notizie e fonti di qualsiasi genere e dubbia sicurezza scientifica.
La responsabilità di questa sempre più dilagante superficialità va attribuita sicuramente a un sentimento negativo e diffuso, che fa della demolizione di ogni concetto serio il suo grido di battaglia, una ribellione senza contenuti che distrugge e non crea niente.
Tuttavia, credo che sia in parte anche attribuibile ad alcune mancanze da parte di chi lavora nel settore della conoscenza, come medici, ricercatori, scienziati.
Spesso i cittadini cercano risposte immediate e definitive a quesiti che riguardano la loro salute. Purtroppo la medicina a volte non può fornire risposte definitive, perché nella scienza il processo di acquisizione di una conoscenza consolidata deve necessariamente passare attraverso il vaglio di diverse ipotesi e di una costante verifica sperimentale.
Voglio fare un esempio per chiarire il mio pensiero. Sino alla fine degli anni ’80, quando ero un giovane chirurgo, i libri di testo insegnavano che la terapia più efficace per l’ulcera gastrica era la gastroresezione, cioè l’eliminazione chirurgica di gran parte dello stomaco con un intervento che prevedeva una incisione di circa 20 cm al centro dell’addome. Due Australiani, Robin Warren e Barry Marshall, che per questo nel 2005 ricevettero il premio Nobel, scoprirono che il 90% delle ulcere del duodeno e il 70% di quelle dello stomaco sono dovute a un batterio curabile con un antibiotico da prendere a casa e non con un pesante intervento chirurgico. Di conseguenza sono cambiate le terapie e sono stati riscritti i trattati di medicina.
Tornando al nostro ragionamento, spesso le persone non ottengono spiegazioni facili da comprendere da parte di chi avrebbe il compito di fornire informazioni autorevoli ma comprensibili. Il rapporto tra medico e paziente è spesso ridotto a una conversazione unilaterale in cui il medico, senza ascoltare troppo il suo paziente, si limita a fornire dati e osservazioni tecniche che spesso l’interlocutore non è in grado di capire.
Complice la distanza sempre più drammatica tra medici e pazienti, i cittadini si trovano spaesati e confusi, in balia delle cosiddette “bufale del web” come i famosissimi casi di Stamina e Di Bella: risposte semplici e immediate, apparentemente rivoluzionarie, a preoccupazioni comuni.
Sono moltissimi i casi di decessi per cancro o altre malattie mortali perché “trattate” con metodi alternativi non convalidati dalla scienza. Purtroppo molti di questi casi vedono coinvolti minori, inermi di fronte alle azioni spregiudicate degli adulti.
In un’epoca in cui Internet è un serbatoio immenso di contenuti e notizie e l’opinione pubblica si forma all’interno dei social media, appare sempre più complicato verificare l’autorevolezza delle fonti.
La divulgazione scientifica autorevole è oggi più che mai una necessità per la nostra società.
Sono convinto che i medici, e gli tutti coloro che fanno parte della comunità scientifica, debbano avere un ruolo di orientamento a livello sociale e culturale, perché sono coloro che possiedono conoscenze e competenze specifiche in settori sempre più complessi.
Gli scienziati devono iniziare a considerare la comunicazione come parte integrante della loro missione e i medici recuperare un rapporto umano con i pazienti che consenta alle persone di trovare risposte chiare a quesiti complessi che riguardano la propria salute.
Il medico deve far valere la forza della sua conoscenza e ha nelle sue mani il potere di costruire la credibilità della sua professione agli occhi della società.
Oggi che la medicina pone delicati interrogativi con implicazioni bioetiche, credo che per un medico sia un diritto ma anche un dovere partecipare attivamente al dibattito pubblico esercitando tutta l’influenza possibile per guidare i processi di cambiamento e di modernizzazione della società.