Le sfide della sanità: trasparenza e riconoscimento del merito
Quante volte dal mio ingresso al Senato nel 2006 mi sono trovato di fronte a medici, anche molto competenti, che mi chiedevano di intervenire perché il posto di primario di una divisione dell’ospedale rischiava di essere attribuito a una persona che, secondo loro, non aveva le competenze per ricoprire quel ruolo ma aveva i giusti appoggi politici.
Che cosa potevo fare nel mio ruolo di presidente della Commissione Sanità del Senato della Repubblica? Ho sempre risposto che l’unica azione che avrei fatto sarebbe stata chiamare il direttore generale per dire che in quel concorso doveva vincere il migliore. E questo mio atteggiamento non è stato sempre accolto con gioia. È una storia purtroppo comune in Italia: spesso si va avanti perché “figli di”, o nipoti, o amici fidati ecc.
Sin dalla nascita del Servizio Sanitario Nazionale nel 1978, in Italia, la Sanità ha sempre subito l’influenza della politica, ma in principio era il medico la figura centrale dell’ospedale e il processo di selezione, anche se di stampo paternalistico, era trasparente.
Negli anni Novanta, riconoscendo i limiti nella gestione della Sanità pubblica, il Parlamento approvò due leggi di riforma – la prima nel 1992 all’epoca del ministro Francesco De Lorenzo, la seconda nel 1999 che porta la firma di Rosy Bindi– che trasformarono gli ospedali in aziende sanitarie, affidando loro ampia autonomia nella gestione ma anche maggiori responsabilità sul versante finanziario.
Le due riforme furono pensate e attuate con l’obiettivo di introdurre criteri di efficienza e diminuire gli sprechi nelle aziende sanitarie. La dirigenza delle strutture fu ripartita in tre figure: direttore generale, direttore amministrativo e direttore sanitario.
Il cambiamento fu profondo e fu soprattutto di tipo culturale. Il medico smise di essere l’unico elemento attorno a cui far ruotare tutta l’organizzazione dell’ospedale, divenne piuttosto lui stesso una ruota di un complesso ingranaggio che però non aveva contribuito a disegnare.
Sebbene le intenzioni dietro le riforme della Sanità fossero legittime ed oneste, nostro malgrado la politica entrò a gamba tesa in questo sistema, nell’organizzazione stessa delle strutture ospedaliere e, nei casi peggiori, nelle decisioni da prendere riguardo la selezione dei dirigenti e del personale.
Oggi, spesso i direttori generali delle aziende sanitarie rappresentano il braccio operativo degli assessori regionali alla Sanità, con cui hanno un rapporto fiduciario. Secondo i principî che hanno ispirato la legge che li ha istituiti, spetta alla politica sceglierli ed eventualmente rimuoverli nel caso di fallimento. All’interno della loro giurisdizione fanno il bello e il cattivo tempo e devono rispondere del loro operato solo a chi li ha nominati.
Purtroppo, in molti casi, la valutazione dei risultati dei direttori generali viene fatta sulla fedeltà, sui favori accolti, sulle persone che sono state assunte dietro segnalazione, su un certo occhio di riguardo riservato all’imprenditore amico e via discorrendo.
E così si costruisce un intreccio basato sulla clientela da cui traggono giovamento i medici approssimativi, gli imprenditori che negoziano gli appalti, i fornitori che vendono i prodotti, le cooperative e le imprese che si aggiudicano la gestione dei servizi, i direttori generali che conservano il posto, i pazienti che accedono alla sanità magari saltando la lista d’attesa.
Un sistema che spesso favorisce furbi e cinici, mentre la parte sana della società, non opponendosi ai metodi più deleteri, si deteriora progressivamente invece che modernizzarsi.
Si generano così delle disuguaglianze sempre maggiori, in particolare tra le Regioni del Nord e quelle del Sud, per cui non tutta la popolazione ha accesso a cure innovative, a farmaci di ultima generazione, a strutture d’eccellenza e a medici di provata capacità ed esperienza.
Il Servizio Sanitario Nazionale oggi sta attraversando un momento di difficoltà. Sostenibilità, efficienza e innovazione sono obiettivi che vanno perseguiti in vari modi, uno di questi è la creazione di un sistema in cui vada avanti il migliore.
La cattiva abitudine delle indicazioni e delle segnalazioni politiche andrebbe sostituita con regole di selezione trasparenti, non aggirabili, necessarie a garantire il buon funzionamento delle strutture ospedaliere e dei servizi sanitari.
Punti irrinunciabili nella selezione del personale e della dirigenza dovrebbero essere: una formazione specifica, una competenza documentabile e un processo di selezione reso pubblico su Internet.
Più in generale, dovremmo introdurre anche in Italia, come è avvenuto in altri paesi, un sistema di valutazione che valga per tutti, basato non sulla produttività tout court ma sulla qualità delle cure, misurabile con semplici indicatori come il tasso di sopravvivenza dei pazienti, le complicanze dopo un intervento, l’incidenza delle infezioni, l’appropriatezza delle terapie rispetto alla diagnosi e via di seguito.
La strada potrebbe essere creare un sistema virtuoso di controlli, governato da un organismo indipendente, super partes, che si occupi della valutazione di ogni struttura sanitaria, sia essa pubblica o privata, che controlli la tecnologia, le apparecchiature, gli impianti, la sicurezza ma che misuri anche i risultati dei professionisti, medici e amministratori.
L’introduzione di un meccanismo di valutazione seria e rigorosa, basata su metodi scientifici e non discrezionali non è difficile dal punto di vista del metodo, ma lo è concettualmente, perché pochi in Italia sono favorevoli alla verifica del proprio lavoro e difficilmente si accetta di essere valutati, ed eventualmente premiati o sanzionati, sulla base dei risultati ottenuti.
Introdurre i criteri della valutazione e del riconoscimento del merito rappresenterebbe un passo avanti determinante per migliorare la qualità dell’assistenza e contribuire a fare dell’Italia un paese più moderno.
Inoltre costringerebbe a un salto di qualità anche la classe politica per farle ritrovare quella spinta, anche ideale, nel proporre un rinnovamento nell’organizzazione della società e nel progettare il futuro.